Panorama e la Violenza nei Videogame

Come un ciclo senza sosta, tornano anche in Italia le polemiche che bersagliano videogame violenti, demonizzando il mezzo e facendo spaventare l'opinione pubblica. Il settimanale Panorama è entrato in possesso di una copia di Rule of Rose - controverso titolo per PlayStation 2 -, che ha creato turbe psichiche al redattore, interrompendo sonni fanciulleschi. Nasce così il "Viaggio tra gli orrori del divertimento elettronico", un lungo articolo fatto di luoghi comuni e concetti espressi per sentito dire e appena approfonditi, incentrato sulla scabrosità delle scene del titolo nipponico. Arriva direttamente dal Giappone la copia di prova del videogame di Yuya Takayama. Nemmeno Gamespot riceve copie dal Giappone, eppure Panorama è stata privilegiata di tal considerazione.

Rule of Rose è un titolo controverso focalizzato su una sorta di confraternita di bambine dagli atteggiamenti decisamente sadici, che mette alla prova la povera Jennifer con nefandezze di (quasi) ogni tipo. Dalle prime impressioni pubblicate dalla stampa specializzata, Rule of Rose è un titolo discutibile non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche da quello videoludico. La stessa cosa si può dire dell'articolo di Panorama, privo di basi per parlare seriamente dell'argomento e, sinceramente, senza una conclusione pertinente. Guido Castellano e Terry Marocco si limitano a descrivere un microcosmo di titoli violenti e non sanno districarsi dal dualismo censura/libertà di espressione.


Tutto si muove attorno a quelli che, presumibilmente, sono i filmati prerenderizzati del gioco. I filmati di introduzione, insomma.
"Una premessa: la grafica è così terribilmente realistica che ha indotto più di una volta a spegnere la PlayStation anche il cronista di Panorama che ha avuto questo dischetto in anteprima dal Giappone"
Considerato che la realizzazione tecnica del gioco non va al di là della media dei titoli per PlayStation 2, dobbiamo ipotizzare che suddetto cronista abbia spento la console durante il filmato iniziale. Il fatto che i protagonisti siano dei bambini ha messo in sobbuglio le membra del giocatore più di qualunque altra cosa: "Un gioco che stuzzica l'orco che potrebbe risiedere in chi ha il joypad in mano". La scena in cui la protagonista deve uccidere un mostriciattolo sul proprio seno con una forchetta, il bacio quasi lesbo preteso da una delle sedicenti avversarie, adulti che vengono sottomessi dagli stessi bambini, sono molti i frangenti su cui i redattori hanno ritenuto - non sempre a torto - raccapriccianti. Al di là di queste scene, si cela il solito survival horror in cui corridoi bui, mostriciattoli di vario genere e spaventi dietro gli angolo la fanno da padrone. Ma non è chiaro se l'impavido tester sia arrivato oltre i filmati.

"Comunque, Rule of Rose è solo l'ultimo in ordine di arrivo di titoli dove il mondo gira alla rovescia", si legge nell'articolo. E' il turno dei luoghi comuni su Grand Theft Auto, Mafia, Yakuza, Postal 2, Canis Canem Edit, quest'ultimo criticato anche perchè si possono assumere atteggiamenti omosessuali. Omosessualità e violenza, un binomio di luoghi comuni premonitore di sciagura, almeno secondo Panorama. "Dobbiamo fare in modo che il videogioco che spiega come essere superbulli a scuola non diventi il regalo preferito del prossimo Natale", ha affermato recentemente il ministro per l'istruzione Giuseppe Fioroni. Senza provare il gioco, è chiaro.

E' proprio alla domanda finale che l'articolo perde colpi: il videogioco violento rende altresì violenti? Panorama si barcamena senza prendere posizioni, illustrando teorie sia positive che negative in merito. Anzi, secondo una teoria enunciata da Steven Johnson nel libro Everything Bad Is Good for You, ciò che si considera spazzatura è in grado dipotenziare la vivacità intellettuale dei bambini. Per contro, Craig Anderson afferma, nel libro An update to the effects of playing violent videogames, che l'esposizione a videogame violenti provoca un incremento dell'aggressività, stimola pensieri ed emozioni violente e così via. Cito, invece, un altro studio pubblicato lo scorso marzo, Fact and Fiction in the Debate Over Video Game Regulation, in cui sono smentiti diversi luoghi comuni che incorrono in questi dibattiti. In America, per esempio, i crimini violenti operati da giovani nel 2004 è in ribasso del 43% rispetto al 1995, denotando che non vi è una diretta corrispondenza con l'introduzione dei videogame più realistici e violenti degli ultimi anni.

Per meglio affrontare l'argomento, è stata tirata in causa anche Anna Serafini, presidente bicamerale per l'infanzia, che non ha esitato a sfornare il proprio repertorio di frasi fatte.
"Bloccare un videogioco non basta, può essere acquistato altrove o direttamente scaricato in rete. Piuttosto, dobbiamo impedire che certi prodotti raggiungano il mercato. Ci vuole un'authority che vigili sui contenuti e e detti regole precise per la vendita dei videogiochi ai minorenni. Se poi si stabilisce che la violenza ai minori può esercitarsi anche attraverso un gioco, si può ottenere dall'Europa un codice comune. E una norma che regoli il settore bandendo per tempo i prodotti pericolosi"
Tutto quanto enunciato da Serafini esiste già. Esiste un'autoregolamentazione di publisher e produttori di videogiochi, che categorizza qualunque titolo con bollini che ne identificano le restrizioni di età, anche indicando il tipo di contenuto presente nel gioco. Si chiama PEGI. L'intervistata e l'intervistatore ignorano completamente questi fatti. Come sempre si parla con cognizione di causa. "Anna Serafini confessa di non saper neanche accendere una PlayStation", recita l'articolo.

La presidente bicamerale per l'infanzia si contraddice qualche domanda dopo, circa la possibilità di lasciare computer e console in camera di un bambino per giocare.
"Sì, ogni impedimento è fuori del tempo e frutto della paura."
Di conseguenza, impedire che un videogioco venga distribuito sarebbe fuori del tempo e frutto della paura, il che è perfettamente il contrario di quanto affermato poco prima. In merito a Rule of Rose, Serafini afferma con tono avveniristico:
"I bambini possono essere a volte cattivi, mai crudeli. Se esiste un mondo, anche solo virtuale, dove i bambini sono dei piccoli sadici, allora significa che l'umanità è senza speranza".
Per esperienza personale, posso affermare che i bambini possono essere cattivi e sadici, lasciarsi prendere da istinti discriminatori ed esternarli nei peggiori dei modi. Strappare le ali alle mosche, le zampe alle formiche, tirare la coda al gatto e tante altre piccole cose che i bambini fanno regolarmente sono solo dei piccoli episodi, ma che rendono, a mio avviso, l'idea meglio di tanti studi. Una crudeltà protagonista del film L'innocenza del diavolo, oppure nel primo episodio di Primavera, Estate, Autunno, Inverno... e ancora Primavera di Kim Ki-duk (dove il bambino lega un sasso a una rana, un pesce e un serpente).

La delusione maggiore che deriva dall'articolo di Panorama è nella completa assenza delle responsabilità dei genitori. I genitori devono essere la prima authority che vigila sui propri figli. Sia gli autori che la Serafini lasciano i genitori nell'ombra, quasi non esistessero. Panorama nasconde il tutto dietro al fatto che è fin troppo facile acquistare i titoli vietati ai minori nei negozi specializzati e non. E' altrettanto consolidato che i rivenditori devono essere responsabili di quanto vendono e a chi lo vendono. Ma nell'articolo tutto ciò rimane nel limbo, fatta eccezione per i casi dei rivenditori troppo permissivi, a cui viene dedicato un intero pezzo dell'inchiesta.

Rule of Rose, Grand Theft Auto, Postal 2 e così via possono pur essere di discutibilie eticità, ma sono ben lungi dal ritrarre l'intero panorama videoludico. E' questo il secondo messaggio assente dall'inchiesta su Panorama. Citando nuovamente lo studio Fact and Fiction in the Debate Over Video Game Regulation, si evince che il mercato dei videogame vietati ai minori rappresenta meno del 12% del mercato americano, una statistica che si potrebbe tranquillamente riflettere su quello europeo. La generalizzazione è all'ordine del giorno, e i videogiochi non vengono risparmiati. Come se venisse lanciata un'accusa al mondo cinematografico guardando i fotogrammi sadici di The Hostel o le ondate di sangue di Splatters, gli Schizzacervelli.

La violenza nei videogiochi sarà un argomento ricorrente nei prossimi anni. Tanto maggiore è la diffusione del mezzo, tanto esploderanno i generi e i contenuti proposti. Il problema sta alla base, ovvero che i videogiochi non sono più solo "per bambini". Il bacino di utenza si è ampliato con il susseguirsi delle generazioni, genitori videogiocatori che continueranno a giocare con i propri figli. Grand Theft Auto sta a Pulp Fiction come Mario sta a Whinnie the Pooh. A ciascuno il suo.

Commenti

  1. L'autore dell'articolo ha copiato tutto da una recensione amatoriale di un utente di GamesRadar! http://forumgamesradar.futuregamer.it/showthread.php?t=441403

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  2. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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